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L’intervista

Il tiktoker Emanuele Militello Fendi: «Il liceo classico? Serve ancora»

Il tiktoker Emanuele Militello Fendi: «Il liceo classico? Serve ancora»

Pronipote di Adele, tra le fondatrici della casa di moda romana, si è trasferito in Usa e sui social è seguito da quasi mezzo milione di persone

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Dall’Italia agli Stati Uniti. Il tiktoker Emanuele Militello Fendi, pronipote di Adele (tra le fondatrici della casa di moda romana) e nipote di Alda (altra numero uno dell’azienda), dopo il liceo si è trasferito oltreoceano e studia alla George Washington University. Sui social, dove è seguito da quasi mezzo milione di persone tra TikTok e Instagram, racconta che ha iniziato, come molti, per il bisogno di mostrarsi ma che con il tempo è diventato il suo modo per esprimersi.

Emanuele, tu ti sei diplomato al classico. C’è chi lo considera poco utile perché si studiano lingue definite “morte”, cosa può offrire oggi a uno studente secondo te ?

«Sì, ho frequentato il liceo classico. Greco e latino, pur essendo lingue “morte” a livello grammaticale, racchiudono pensieri e idee che influenzano ciò che leggiamo e pensiamo ancora oggi. Personalmente, il liceo classico mi ha aiutato a superare momenti difficili, soprattutto grazie alla letteratura. Gli autori di migliaia di anni fa, parlando di sofferenze, amore e difficoltà, mi hanno fatto capire che in fondo siamo tutti “sulla stessa barca”, oggi come allora. Inoltre, il saper tradurre e fare una struttura lessicale aiuta a sviluppare capacità di organizzazione e a leggere tra le righe anche nella vita quotidiana».

Dopo il liceo ti sei trasferito negli Stati Uniti per studiare alla George Washington University. Che idea ti sei fatto delle università americane?

«In America mi trovo bene, ma il merito è del metodo di studio che ho imparato al liceo classico, che mi ha permesso di affrontare esami in inglese, una lingua che non è la mia. Le scuole italiane offrono una base culturale ricca, mentre le università americane sono molto più pratiche e dirette. Questa loro praticità dal mio punto di vista è una qualità vincente, ti insegnano a essere efficace e attivo: una mentalità che sto acquisendo. Dal punto di vista sociale e della mondanità, ogni università è diversa. Ad esempio, il campus di Miami è più festaiolo, mentre quello di Washington, essendo nella capitale, ha un’atmosfera più tranquilla e focalizzata sullo studio».

Com’è stato per te trasferirsi negli Stati Uniti?

«Il primo anno è stato molto difficile. Non parlo solo di primi giorni o mesi: è un cambiamento culturale enorme e l’America non è certo dietro l’angolo. Il fuso orario, ad esempio, era un ostacolo: tornavo dalle lezioni e in Italia mia madre o i miei amici stavano già dormendo. Anche il cibo e altre piccole cose quotidiane mi hanno messo alla prova. Tuttavia, superare quel periodo è stato fondamentale. Vivere nella solitudine ti costringe a guardarti dentro e a capire chi sei davvero. È un’esperienza che ti fa crescere molto come persona».

Quando e perché hai iniziato a creare contenuti sui social? Su TikTok ti seguono oltre 380mila persone.

«Non c’è stato un motivo preciso. Avevo 18 anni e, come molti a quell’età, sentivo il bisogno di mostrarmi. Un mio primo video è diventato virale, mi hanno incoraggiato a continuare e così ho fatto. Col tempo, però, questa attività è diventata un modo per esprimermi e condividere la mia vita, portandomi molte soddisfazioni». D.S. Studente dell’istituto Nobili

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