Al teatro Valli di Reggio Emilia arriva l’Arlecchino di Baliani con Andrea Pennacchi
Sulla scena l’attore, drammaturgo e regista veneto che ha raggiunto molta notorietà grazie al programma “Propaganda live”, a cui partecipa come ospite fisso dal 2018
Reggio Emilia Venerdì e sabato sera (ore 20.30) e ancora domenica (ore 15.30) al Teatro Valli va in scena lo spettacolo “Arlecchino?”, con Andrea Pennacchi, con la regia e la scrittura di Marco Baliani. “Arlecchino?” (sì, con il punto interrogativo) porta in scena una versione nuova, diversa, straniante e dirompente della famosissima commedia goldoniana. L’Arlecchino di Pennacchi è improbabile e goffo, accompagnato da altri attori sgangherati, assoldati dall’imprenditore Pantalone con misere paghe. Alla commedia, si alternano uscite di scena e fughe dal copione, commenti legati alla contemporaneità dell’oggi, al fine di ricostruire la tradizione dopo averla intelligentemente tradita.
«Ne esce un Arlecchino mai visto – scrive il regista Marco Baliani – che riunisce stilemi diversi, frammenti di cabaret, burlesque, avanspettacolo, commedia, dramma, un gran calderone ultrapostmoderno che inanella via via pezzi di memoria della storia del teatro».
Sulla scena, Andrea Pennacchi. Attore, drammaturgo e regista veneto, lavora in ambito teatrale, cinematografico e televisivo, e ha raggiunto molta notorietà grazie al programma “Propaganda live”, a cui partecipa come ospite fisso dal 2018, con il soprannome “Pojana”.
Con lui, un cast di talentuosi attori e attrici: Marco Artusi, Maria Celeste Carobene, Miguel Gobbo Diaz, Margherita Mannino, Valerio Mazzucato, Anna Tringali, che sono qui chiamati a interpretare più ruoli contemporaneamente, passando da essere attori sottopagati disperati e pronti alla protesta, ad interpretare i personaggi della commedia messa in scena. La regia è di Marco Baliani. Attore, autore, scrittore, librettista e regista, poliedrica figura di spicco del teatro italiano contemporaneo, ha dato vita negli anni Novanta al filone del teatro di narrazione, segnando una svolta nella scena teatrale nazionale. «Durante le prove immaginavo di avere Carlo Goldoni seduto in terza fila, e dovevo dirgli di fare silenzio tanto si sganasciava dalle risate, con gli occhi stupiti di bambino mai cresciuto di fronte a questa sua opera divenuta così inverosimile da essere ancor più sua – continua Baliani –. Il testo febbrilmente rimaneggiato ogni giorno, a partire dalle intuizioni che sorgevano in me, vedendo all’opera la creatività degli attori, è proprio quello che fin dall’inizio avevo immaginato. Le parole che vengono fatte volare sono anch’esse leggere, eppure arrivano stilettate e spifferi lancinanti che parlano dei nostri giornalieri disastri di paese e di popolo, così che i terremoti scenici ci ricordano il traballare quotidiano delle nostre esistenze».© RIPRODUZIONE RISERVATA